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Storia della Mafia


Mafia è un termine diffuso ormai a livello mondiale con cui ci si riferisce ad una particolare tipologia di organizzazioni criminali.
Il termine mafia venne inizialmente utilizzato per indicare una organizzazione criminale originaria della Sicilia, più precisamente definita come Cosa nostra, parola che divenne pubblica al mondo durante il processo al primo pentito della mafia italoamericana, Joe Valachi.

Origine del termine 

La prima volta che compare ufficialmente tale vocabolo accostato al senso tutt'ora in uso di organizzazione malavitosa o malavita organizzata è in un rapporto del capo procuratore di Palermo nel 1865Filippo Antonio Gualterio. Già due anni prima, nel 1863, viene interpretato da Giuseppe Rizzotto e Gaetano Mosca "I mafiusi de la Vicaria", opera ambientata nel carcere della Vicaria di Palermo che diffonde i termini mafiaumertà e pizzo in Italia. Tuttavia le effettive origini del termine Mafia ancora sono piuttosto misteriose.
Secondo il Pitrè[1] il termine mafiusu indicava una persona, un oggetto o un ambiente "di spicco" e nell'insieme abbia un non so che di superiore ed elevato (...) Una casetta di popolani ben messa, pulita, ordinata, e che piaccia, è una casa mafiusedda e solo dopo l'inchiesta del procuratore palermitano è obbligata a rappresentare cose cattive.
Spesso si è voluto associare - spesso forzatamente - con un qualche vocabolo di origine araba, per la sua radice non facilmente accostabile a termini di origine invece latina o greca, a causa del fatto che la Sicilia - regione ritenuta la "culla" delle principali organizzazioni di questo tipo - fu effettivamente governata da musulmani lungo il X secolo. Secondo Diego Gambetta[2] il vocabolo originario sarebbe stato مهياص (mahyas = spavalderia, vanto aggressivo) o مرفوض (marfud = reietto) da cui proverrebbe il termine mafiusu, sempre secondo il Gambetta, che nel XIX secolo indicava una persona arrogante, prepotente, ma anche intrepida e fiera.
Tuttavia tale origine è messa in discussione dal fatto che non è dimostrato, né attestato l'uso del vocabolo in questione prima della seconda metà del XIX secolo, lasciando ben 8 secoli di silenzio. In merito a ciò ricordiamo quanto scritto già nel 1853 da Vincenzo Mortillaro nel suo Nuovo dizionario siciliano-italiano[3] alla voce MafiaVoce piemontese introdotta nel resto d'Italia ch'equivale a camorraDomenico Novacco[4] tuttavia invita alla prudenza, poiché per lui la "boutade" del Mortillaro... era emessa nel solco d’un filo autonomistico siciliano antiunitario che dava ai sabaudi il demerito d’aver introdotto nella immacolata isola cattive tradizioni e tendenze paraispaniche.
In effetti non mancano teorie in merito all'introduzione del vocabolo nell'Isola ricondotta all'unificazione del "Regno d'Italia" e alla missione segreta di Mazzini in Sicilia avvenuta l'anno prima (1860) dell'Unità d'Italia. Secondo tale ipotesi[5] (ripresa poi dall'economista e sociologo Giuseppe Palomba), «MAFIA» non sarebbe altro che l'acronimo delle parole: «Mazzini Autorizza Furti Incendi Avvelenamenti». Fino a che punto sia fondato questo studio, rimane però da considerare il significato antropologico non privo di valore riguardo a un'organizzazione segreta a specchi capovolti che sarebbe nata nell'isola con finalità più o meno carbonare[6].
Secondo Santi Correnti[7], che pure rigetta le origini del termine dall'arabo, sarebbe un termine piuttosto recente, forse derivato dal dialetto toscano, trovando un riscontro nella parolamaffia. Di simile avviso Pasquale Natella[8] che ricorda come a Vicenza e Trento si usasse il vocabolo maffìa per indicare la superbia e la pulizia glottologica (...) va subito applicata in Venezia ove a centinaia di persone deve essere impedito di pronunciare S. Maffìa (...) La diceria copriva, si vede, l’intera penisola e nessuno poteva salvarsi; in tutte le caserme ottocentesche maffìa equivaleva a pavoneggiarsi e copriva il colloquio quotidiano così in Toscana come in Calabria, dove i delinquenti portavano i capelli alla mafiosa.
Sul piano storico e antropologico va comunque osservato che in origine al fenomeno, attecchito sul territorio siciliano, veniva assegnato proprio questo termine esteso poi alle potenti organizzazioni associative a livello mondiale. Rimane comunque il fatto che nell'uso comune il termine mafia è ormai diffuso su larga scala. Per antonomasia e senza qualificazioni si riferisce tuttavia all'organizzazione che ha avuto origine nell'isola come insieme di piccole associazioni sviluppate in ambito agreste. Tali aggregazioni rette dalla legge dell'omertà e del silenzio consolidarono un'immensa potenza in Sicilia e riemersero dopo la seconda guerra mondiale[9].

Un'organizzazione di potere

Le analisi moderne del fenomeno della mafia la considerano, prima ancora che una organizzazione criminale, una "organizzazione di potere"; ciò evidenzia come la sua principale garanzia di esistenza non stia tanto nei proventi delle attività illegali, quanto nelle alleanze e collaborazioni con funzionari dello Stato, in particolare politici, nonché del supporto di certi strati della popolazione. Di conseguenza il termine viene spesso usato per indicare un modo di fare o meglio di organizzare attività illecite.
Quindi il termine "mafioso" può essere utilizzato nel linguaggio comune per definire, per esempio, un sindaco che dia concessioni edilizie solo ai suoi "amici" o un professore universitario che fa vincere borse di studio a persone anche valide ma a lui legate, o la nomina da parte di un governo di altissimi dirigenti anche capaci ma "politicamente vicini" alla maggioranza di cui il governo è espressione.

Analisi

La mafia adotta comportamenti basati su un modello di economia statale, ma è parallela e sotterranea. L'organizzazione mafiosa trae profitti da numerosi tipi di attività criminali. I capimafia (spesso a causa della latitanza) comunicano principalmente in modo scritto, con i pizzini, poiché non sempre sono in grado di comunicare di persona a tutti i loro sottoposti (capifamiglia, picciotti).

La mafia italiana

Organizzazioni principali

  • Cosa nostra - Sicilia
  • Camorra - Campania
  • 'Ndrangheta - Calabria
  • Sacra Corona Unita - Puglia
  • Stidda - Sicilia

Organizzazioni simili

  • Mala del Brenta - Veneto
  • Banda della Magliana - Roma
  • Basilischi - Basilicata (Potenza, Matera, Policoro)

Dati di Struttura[10]

  • Camorra: 236 cosche, 7.200 affiliati, 82.000 fiancheggiatori.
  • Cosa nostra: 186 cosche, 5.400 affiliati, 65.000 fiancheggiatori.
  • 'Ndrangheta: 160 cosche, 6.000 affiliati, 72.000 fiancheggiatori.
  • Sacra Corona Unita: 47 cosche, 1.600 affiliati.

 
NOTE:

  1. ^ G. Pitrè, Usi e costumi credenze e pregiudizi del popolo siciliano, Palermo 1889
  2. ^ Diego Gambetta, The Sicilian Mafia
  3. ^ Vincenzo Mortillaro, Nuovo dizionario siciliano-italiano, Tipografia del Giornale letterario, Palermo 1853
  4. ^ D. Novacco, Considerazioni sulla fortuna del termine "mafia", in "Belfagor", 1959, n. 14.
  5. ^ Charles W. Heckethorn, Secret Societies of All Ages and Countries, London, G. Redway, 1897
  6. ^ Sociologia dello sviluppo - L'unificazione del Regno d'Italia, G. Palomba, Giannini, Napoli, 1962, pp. 203-204
  7. ^ Santi Correnti, Breve storia della Sicilia
  8. ^ Pasquale Natella, La parola "Mafia", Firenze, Leo S. Olschki Ed., 2002 (Biblioteca dell'"Archivum Romanicum", Ser. 2, Linguistica, 53)
  9. ^ Dizionario enciclopedico italiano, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma
  10. ^ La penetrazione della mafia in Italia